L’eremita di San Rocco e le corde

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1802

Tanti tanti anni fa, quando gli uomini andavano per mare sui velieri, si dice che vivesse a Nervi, sulla collina di San Rocco, un saggio eremita, l’Eremita.

Aveva una lunga barba ed abitava in una grande grotta che ora non c’è più. Era molto sapiente e chi aveva un dubbio o un mistero da chiarire andava da lui per avere parole di saggezza.

Un giorno un contadino che era andato col suo mulo a raccogliere la legna, vide l’Eremita seduto davanti alla grotta dove abitava. Facendosi coraggio, si fermò e gli parlò: ”Qui tutti dicono che sei un grande saggio. Ieri sono andato giù in paese e ho sentito una frase di cui non ho capito il significato. Puoi aiutarmi? ”. Il saggio stava mangiando delle erbe selvatiche raccolte davanti alla caverna. Si interruppe e gli disse: “Vediamo se riesco. Racconta”.

“Giù in paese, un uomo a cui ho chiesto un consiglio mi ha detto aegua a-e corde, ma non ho capito cosa volesse dire. ”

“Acqua alle corde: amico mio, l’ uomo voleva con questo esortarti ad agire anche se per te comportava  rischio e pericolo.

“Scusa ma non riesco ancora a capire”

“Lascia che ti racconti. A Roma alla fine del 1500  era papa Sisto V, che aveva ordinato di innalzare un grande obelisco in piazza San Pietro. Abbellita così la piazza, in cima all’obelisco fu messa la croce, simbolo della cristianità”

“Un obelisco? Cos’è?”

“E’ un monumento. Cerco di descrivertelo: un’alta colonna di base quadrata, che termina con una punta. Questo obelisco proveniva dall’ Egitto, portato a Roma  dall’ imperatore  Caligola nell’ anno 40, pochi anni dopo la morte di Cristo. La cosa spettacolare è che era ricavato da un unico blocco di pietra alto 25 metri e pesava ben 350 tonnellate. Lo vedi il tuo mulo? Pesava come mille muli!”

Il contadino diede uno sguardo veloce al mulo, e di nuovo guardò l’ uomo, senza perdere una parola del racconto.

“Il difficilissimo lavoro di metterlo nel centro della piazza venne affidato allo svizzero Domenico Fontana, esperto architetto ticinese. Fontana dovette impegnare imponenti  impalcature, argani, corde e carrucole. Vista la pericolosità del lavoro per persone e cose, fu affisso agli angoli delle strade un bando del papa, dove si ordinava al popolo che avrebbe presenziato, il più rigoroso silenzio durante il lavoro di sollevazione, pena la decapitazione. Il giorno stabilito si radunarono in piazza San Pietro gli addetti alle operazioni, circa novecento uomini e 44 cavalli da tiro”

Il contadino stava in piedi fermo, appoggiato con due mani al suo grosso bastone e ascoltava.

“L’obelisco cominciò pian piano a sollevarsi fino a raggiungere una posizione quasi verticale, ma a questo punto sopraggiunse un grave problema: le corde, provate dallo sforzo, si erano infatti allungate per effetto della trazione e stavano pericolosamente sfilacciandosi, mentre gli argani, inceppati dalle corde danneggiate, si erano fermati. Dopo alcuni istanti, in mezzo ad un angoscioso silenzio, si era improvvisamente udito il grido di un marinaio ligure:  ‘Aegua a-e corde!’.  Era l’urlo di un capitano di nave, di nome Bresca, nato a Sanremo che, per  la sua lunga pratica con l’uso delle corde, sapeva come sotto l’azione dell’acqua si accorciassero, resistendo meglio al cedimento. Fontana  capì l’efficacia dell’ammonizione e ordinò seduta stante di bagnare abbondantemente le funi con la stessa acqua usata per dare da bere ai cavalli. Di colpo, senz’altra manovra, l’obelisco si drizzò poggiandosi perfettamente sulla base. Una grande gioia invase tutti i presenti e gli operai accorsero verso Fontana per portarlo in trionfo, mentre Bresca veniva arrestato per aver infranto il divieto pontificio di non parlare.”

“E poi?” disse il contadino ormai immerso nella scena.

L’ Eremita proseguì: “ Portato davanti al pontefice, Bresca ne ricevette la solenne benedizione e un fraterno abbraccio. Oltre ad una ricompensa in denaro,  gli fu concesso l’altissimo privilegio della fornitura perpetua al Vaticano delle foglie di palma della Riviera ligure in occasione della festa della domenica precedente la Pasqua”

“Quante cose sai! Grazie del tuo tempo e delle tue parole. Ti lascio questa  fascina di legna. Potrai usarla per scaldarti”

“Grazie amico”disse l’ eremita.

Il contadino si allontanò e scendendo per il sentiero pensò:  tanti dicono che io sono scontroso e  quest’ uomo solitario mi insegna e mi spiega. E’ chiaro che si tratta di un vero sapiente, che  invece di essere geloso del suo sapere, lo  dona a chiunque lo incontri.

E così pensando arrivò al suo casolare, si avvicinò al fuoco, scaldò l’acqua in una pentola e vi buttò a bollire una grossa patata con la borragine, la cicoria, l’ortica e i denti di leone.

Mentre mangiava pensò ancora: se l’eremita, che è considerato saggio da tutti qui intorno, insegna a chiunque con generosità, anche io  domani proverò ad  essere un po’ meno duro con gli altri.

Era ormai notte e, dopo poco,  si addormentò.

di Andrea Patrone

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