Luci e ombre sulla frana di Capolungo

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“Vogliamo tornare nelle nostre abitazioni”. È il grido di disperazione di nove residenti nella località di Capolungo. Evacuati all’alba del 19 gennaio 2014 poco prima che una grossa frana si staccasse dal promontorio, crollando in mare e lasciando le loro palazzine ottocentesche sospese nel vuoto. Sono trascorsi più di due anni da allora. E nulla è cambiato.

Rabbia degli abitanti – “Gli edifici restano inagibili e noi siamo ancora fuori casa”, protestano. “Nessuno fa niente. Ci sentiamo abbandonati”. La frana ha colpito. La burocrazia ha fatto il resto. Un progetto privato di risanamento, da 300 mila Euro, si è scontrato contro conferenze dei servizi, uffi cio paesaggistico, Soprintendenza, mancanza di fondi, Ferrovie. Fino ad arrestarsi. “Non chiediamo soldi. Soltanto di poter tornare alle nostre vite. Anche pagando” tengono a precisare.

Contenzioso – Tra rimbalzi di competenze tra di loro, ha presentato istanza di accertamento preventivo e chi ha esposto denuncia per conoscere il responsabile dello smottamento che ha causato “ingenti danni” alla propria abitazione. Ne è sorto un contenzioso.

Perizia – Il giudice ha disposto una perizia. Sarebbe stato necessario” proteggere la falesia che rischiava di essere scalzata, come è stato”, hanno scritto i due consulenti tecnici d’uffi cio incaricati dalla magistratura, prima di sottolineare il valzer di competenze tra Stato, Regione ed altri enti, tra i quali il Comune che amministra il territorio interessato dall’evento. Da tempo si sapeva che la zona era a rischio, tanto che la Capitaneria aveva già vietato alle imbarcazioni di sostare a ridosso della costa e che i tratti ai lati dell’area franata erano stati consolidati. “Solo sotto il tratto di scogliera crollato non e’ stato adottato nessun accorgimento di difesa”. La perizia ha, inoltre, escluso ogni correlazione tra costruzione delle villette e smottamento: “Non sono emersi altri aspetti di rilevo che possano essere considerati in concausa del fatto”.

Sentenza – L’11 novembre scorso la sentenza. Il giudice, in conformità alla relazione della consulenza tecnica di uffi cio, ha stabilito che Comune di Genova e Regione Liguria sono responsabili in solido della mancata osservanza degli obblighi di protezione su quel tratto preciso di costa, e devono pertanto intervenire all’immediata «messa in sicurezza dei fabbricati, delle pertinenze e del versante, e degli interventi marini di protezione del basamento della falesia». Si prevedono costi alti. Forse addirittura superiori al milione di euro. Un colpo basso alle casse degli enti pubblici che già non navigano in buone acque in un periodo di crisi che non risparmia niente e nessuno.

Reclamo – L’Avvocatura del Comune di Genova e la Regione Liguria hanno presentato reclamo avverso una sentenza così pesante. Si attende l’esito dell’iter giudiziario. Traduzione: un ulteriore allungamento dei tempi.

Futuro – Una soluzione va trovata prima che passino altri giorni, mesi, anni. E non va abbandonata la speranza di vedere nuovamente fi nestre aperte e luci accese su quello che rappresenta uno dei tratti più belli del litorale ligure.


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