A Tann-a do Santo

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Nel cuore del paesaggio riconoscibile ci sono angoli che sembrano fuori del tempo, come frammenti di storie misteriose che la modernità ha inglobato. Queste storie riposano negli angoli abbandonati.

Chi a Nervi alza lo sguardo verso l’interno, verso le pendici del monte Giugo, intravede Sant’Ilario, un paese mimetizzato nella vegetazione. Nascosto appare Sant’Ilario e nascosta appare la sua storia più antica; ma in modo sorprendente i nomi e il paesaggio, che sempre costituiscono l’identità di un luogo, ci fanno rimbalzare nel passato remoto.

Il nome del paese e della sua chiesa ci riportano infatti ai primi secoli del Cristianesimo. Se la diffusione del Cristianesimo favorì il passaggio dall’economia pastorale a quella agricola, l’asprezza della costa favorì questo insediamento di crinale, laddove si risaliva dal mare e si discendeva dalla montagna.

Sant’Ilario fu uno dei grandi vescovi del IV secolo, vissuto durante la decadenza dell’Impero Romano d’Occidente. Difese la fede nella divinità di Gesù Cristo, che era allora negata dai seguaci del monaco e teologo Ario, iniziatore del cosiddetto Arianesimo. L’eresia divise gravemente i cristiani, attirando aspirazioni politiche e personali. In un momento tanto delicato, il vescovo Ilario si dimostrò forte e fermo nella dottrina, ma conciliatore e pacifico verso chi si era allontanato.

Secondo le fonti antiche Ilario nacque a Poitiers in Gallia, oggi Francia, da una famiglia agiata, che gli diede una solida istruzione. Battezzato verso il 345, fu eletto vescovo della sua città natale tra il 353 ed il 354. Due anni dopo i nemici ariani lo esiliarono in Frigia, oggi Turchia, dove scrisse ed operò per l’unità della Chiesa.

Dopo il 360 poté tornare in patria e lì morì nel 367. Il suo esemplare insegnamento si diffuse subito e oltre confine.

Ebbene, la tradizione locale riferisce che il vescovo Ilario, in viaggio dalla Gallia verso la Frigia, avrebbe trovato ricovero proprio in una grotta sulle alture della riva sinistra del torrente Nervi, detta ancor oggi Tann-a do Santo, Tana del Santo. La grotta, che ha un forte significato simbolico, aveva un ruolo importante nella vita delle antiche popolazioni per il suo utilizzo pratico e spirituale. Un territorio apparentemente inospitale, ma soleggiato, riparato, ricco d’acqua e vegetazione, offrì un rifugio sicuro ad un uomo perseguitato e stanco.

Il territorio si trasforma allora in una mappa della storia. Siamo di fronte ad un punto di passaggio in posizione privilegiata, all’interno di un’area di frontiera per eccellenza, che diventò un tramite di rapporti da e verso più direzioni, in questo caso un canale di comunicazione viaria tra la Francia e l’Oriente. Millecinquecento anni dopo il parroco Giuseppe Dagnino (1857) rinvenne dei documenti che riferivano la stessa permanenza del Santo.

Sant’Ilario è un paese stupefacente, vicino alla metropoli e lontano dai suoi ritmi, decentrato e silenzioso, caratterizzato da case che spuntano lungo le crêuze o tra le ardite coltivazioni. Due considerazioni meritano ora attenzione. La prima riguarda l’originale rapporto tra la costa e la montagna, perché un pregiudizio turistico tende a limitare la cultura del levante genovese al mare ed alle sue attività. La seconda riguarda l’idea che alle divisioni amministrative corrispondano quelle culturali.

Innanzi tutto, la divisione tra attività marinaresche e rurali risulta difficile, dato la vicinanza tra monti e mare, che origina un incontro di relazioni da sempre interessanti
e vivaci. Si pensi al ruolo delle attività pastorali ed agricole nella creazione di vie di comunicazione utilizzate nel commercio medievale, poggiante sulle imbarcazioni e sui muli; si pensi agli scambi di materiali e di mano d’opera; si pensi alle soluzioni trovate dalla popolazione per modellare il terreno montano e trasformarlo per l’agricoltura. L’area presenta scenari che rivelano profonde radici agricole e montanare, cresciute contemporaneamente ai pericoli degli attacchi saraceni, alla valorizzazione commerciale dei percorsi di crinale ed alla storia marinara.

Poi, al di là delle divisioni amministrative, culturalmente Sant’Ilario crebbe come insediamento di confine sulla via che univa Nervi a Bogliasco, risalendo la scogliera della Liggia, e si interfacciò con la valle di Lentro, i monti Giugo, Cordona, Santa Croce.

Il nome definisce il luogo e la tradizione ne crea l’identità. L’antica Sant’Ilario e la Tana del Santo sono tra i luoghi più affascinanti del levante genovese e ci dimostrano molto chiaramente che possono ancora parlare, anche se nascosti o immaginati. Sono stati vissuti, nominati, dimenticati, eppure conservano una posizione geografica, fanno parte del nostro paesaggio e rimandano ad una realtà lontana, magari difficilmente leggibile.

Di Marcella Rossi Patrone

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